Una squadra bella e capricciosa

di Fabio Monti

 

fabio montibisNata di marzo, l' Inter non poteva che essere bella e capricciosa, incostante e affascinante, ispirata e guidata dal segno dei pesci, bizzarra e instabile di umore per definizione. Nata intellettuale e di sera, quindi in abito lungo, secondo Guido Vergani, «l' Inter non è mai stata una squadra rettilinea.  Non lo fu ai tempi pionieristici di Aebi quando la accusavano di essere femminea, perché si affidava al fioretto più che alle sciabolate fisiche».

 

Il centenario dell' Inter è anche una storia di donne, che hanno accompagnato negli anni la storia nerazzurra. Raffaella Rietmann, giornalista, è la nipote di Ugo Rietmann, uno dei soci fondatori che la sera del 9 marzo si erano ritrovati al ristorante dell' Orologio, in via Mengoni a Milano, per dare vita ad un nuovo club: «Per me mio nonno, che era svizzero e si era trasferito a Milano, è sempre stato un personaggio mitico.

 

Lui è morto due anni prima che io nascessi e di lui ho sentito sempre parlare benissimo, da tutti. Doveva essere una persona eccezionale, un po' come mio padre e mio zio. Per me l' Inter è lui e mi sono sempre vantata di avere un nonno così, senza averne alcun merito. Però non capita a tutti di fondare una società di calcio così importante. In casa abbiamo sempre parlato di football e seguito gli eventi nerazzurri. A me restano in mente le foto del primo giorno di Inter, quei signori così eleganti, che in realtà avevano poco più di vent' anni. È passato un secolo».

 

Nella storia dell' Inter, Giuseppe Meazza resta il più grande di tutti i tempi per definizione e perché andava in porta con la palla fra i piedi. Per Gabriella, una delle due figlie, «mio padre ha vissuto per l' Inter e nell' Inter. Una vita in nerazzurro. Sapere che, nonostante siano passati tanti anni, nessuno fra gli interisti abbia dimenticato quello che ha fatto papà, è un grandissimo orgoglio, così come resta un' emozione forte lo stadio di San Siro dedicato a lui».

 

L'avvocato Peppino Prisco si sposa nel ' 48 e due anni dopo entra nel Consiglio dell' Inter, dove resta fino al 12 dicembre 2001. Oggi la signora Irene De Vecchi racconta: «In 52 anni di matrimonio non abbiamo mai litigato, però mio marito allo stadio si trasformava. Quando giocava l' Inter era fazioso più che tifoso, anche davanti alla tv.

 

Nei primi anni andavo allo stadio con lui, anche se io non ho mai amato il calcio. Meglio lo sci e il tennis. Quella era l' Inter di Lorenzi. In una partita lo avevo visto particolarmente agitato in tribuna e gli avevo detto: se continui così, non va bene e me ne vado. Cinque minuti dopo, si era girato verso di me e mi aveva detto: come sei ancora qui? Poi ho smesso di andare allo stadio, però la sua passione infinita per l' Inter non mi è mai pesata. Di questo calcio non mi piace quasi più niente, però l' Inter è l'Inter e sono contenta che sia tornata a vincere».

 

Il destino di Bedy Moratti è da sempre intrecciato con quello dell' Inter, da quando era giovanissima e suo padre, Angelo, prese la società. Poi è successo che nel ' 95 suo fratello ha deciso di tornare e «per l' Inter ho lasciato anche la carriera di attrice. Vivevo a Roma e sono tornata a Milano e non riesco a perdere nemmeno una partita. Ma l' Inter è meravigliosa, la prima immagine che mi è rimasta in mente è quella di Skoglund e io non ce la faccio a stare lontana.

 

Quando Massimo ha deciso di prendere la società, non gli ho dato consigli, ho aspettato e basta, ma non mi è certo dispiaciuto che abbia deciso di tornare. Perché l' Inter è un' emozione che ti riempie la vita e non c' è niente di più bello che emozionarsi». Per Barbara Facchetti, la più grande dei figli di Giacinto, «l' Inter è mio padre, è lui che gioca a San Siro; sono io bambina che lo guardo dalla tribuna o che lo accompagno agli allenamenti ad Appiano.

 

L' Inter è anche stare vicino a lui in tribuna e parlargli, magari disturbarlo, però essere lì, insieme. Adesso che non c' è più, potrei dire che il mio legame con l' Inter si è un po' allentato, ma forse non è nemmeno vero, perché il nero e l' azzurro sono sempre i miei colori. E domani sarò a San Siro e sarò lì anche martedì, per il Liverpool. Perché sento che ce la possiamo fare e perché mi aspetto una grande notte». La storia continua, oltre il secolo.

 

C'è un sostituto procuratore del tribunale di Milano, Sandro Raimondi, che ha voluto far nascere sua figlia, Valeria, con parto pilotato il 9 marzo ' 93: «Avrei dovuto venire al mondo fra il 7 e il 14 marzo; papà ha fatto di tutto per convincere mia mamma, ignara di calcio, a scegliere questa data, sicuro che la mia sarebbe stata una storia di successi come quella dell' Inter. E chi è nato il 9 marzo non può non essere interista».

 

 

Pagina 63 (7 marzo 2008) - Corriere della Sera

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