La cammella del Don

prisco penna3446La storia racconta eventi che restano impressi nella memoria popolare per secoli, forse indelebili. Quasi sempre si tratta di situazioni particolarmente tragiche come la guerra di Napoleone – con oltre quarantamila italiani al seguito – contro lo zar di Russia nel 1812 o la più recente ma non meno drammatica spedizione italiana contro Stalin, durante l'ultima guerra mondiale.

 

A Milano, allora sede del 3° Reggimento Bersaglieri e del 5° Alpini, le sorti dei molti lombardi scomparsi nella ritirata conclusasi nella prima metà del 1943, sono ancora trepidamente ricordate e alla memoria dei caduti è dedicata una stele nella Basilica di Sant'Ambrogio. Eppure non mancarono in quei tempi episodi non tragici che vanno rammentati per la loro originalità.

 

Alludo alla cattura di un cammello avvenuta nel tardo pomeriggio dei primi di settembre del '42 a opera di alpini del Battaglione Val Chiese della Tridentina: il grosso quadrupede apparve improvvisamente, stordito e insanguinato, nella zona del basso Don, a Bolshoi, e dopo aver cercato con forza di resistere all'assalto degli alpini fu catturato dal tenente Piero Redaelli (allora Ufficiale medico delle 255ma Compagnia e oggi ginecologo a Seregno) che gli si aggrappò al collo costringendolo "alla resa".

 

Gli alpini fecero festa al nuovo arrivato – constatarono successivamente essere una cammella – e a malincuore si adattarono, qualche tempo dopo, a vederlo partire per le retrovie affidato allo "sconcio" – così venivano chiamati gli addetti ai muli – Giovan Battista Bignotti di Sopramonte, classe 1922. La cammella ferita da schegge era stata curata con bustine di polvere di sulfamidici portate dall'Italia.

 

Passarono i mesi, giunse agli alpini del Val Chiese l'eco dei tremendi combattimenti della Julia e di altri reparti nella zona della Kalitwa e poi, dopo che i Russi si posizionarono alle spalle delle linee italiane, iniziò la tragica avanzata all'indietro. Riapparve allora la cammella: alta, maestosa, per nulla intimidita da quell'inferno di fuoco, sempre affidata a Bignotti.

 

I tedeschi avevano qualche mezzo corazzato e le radio ricetrasmittenti; noi alpini avevamo la fede, il coraggio, la forza della disperazione e come punto di riferimento anche l'olimpico procedere della cammella, per i più una novità assoluta, per pochi il ricordo dell'estate ormai lontana. Dopo undici tremende battaglie l'accerchiamento fu infranto e con noi alpini uscirono dalla sacca decine di migliaia di tedeschi, rumeni, ungheresi.

 

Ne uscì anche la cammella, che, in quelle condizioni climatiche, non si era trovata troppo a disagio perché di origine siberiana o comunque proveniente dalle aree desertiche e gelide dell'Asia come il deserto dei Gobi. Ai primi di febbraio del '43, caricati i feriti e i congelati sui camion della sanità, la cammella si rese utile nella marcia verso le retrovie trainando slitte cariche di armi e di quel poco che era stato possibile salvare dalla distruzione.

 

basilica s ambrogioCon l'inizio di marzo giunse il sospirato ordine di rientro in patria di tutti i reparti italiani. Dopo un mese di licenza si ritrovarono a Lonato del Garda i superstiti del Battaglione Val Chiese al comando del maggiore Cesare Paroldo: le ore trascorrevano tra la tristezza nel ricordo dei tanti compagni caduti e la sensazione di altre non lontane vicissitudini. Un giorno giunse una telefonata da Tarvisio: con una tradotta era arrivata dalla Russia, insieme ai muli scampati, la famosa cammella.

 

Il conducente, alias sconcio Bignotti fu, con pieno diritto, designato a riprendere sotto le sue cure la bestia, che a partire dall'estate fu trasferita allo zoo dei Giardini Pubblici di Milano. All'esterno del recinto una targhetta ricordava che l'animale era un dono degli alpini del Battaglione Val Chiese e questa indicazione indusse, nel dopoguerra, non pochi alpini scampati alla ritirata a recarsi allo zoo per rivedere l'animale che in quelle tremende settimane, con la sua calma e imperturbabilità, aveva contribuito se non a rasserenare, almeno a distrarre gli animi dei soldati.

 

Anche intere scolaresche venivano accompagnate dagli insegnanti allo zoo e la cammella ebbe anche l'onore della visita da parte del sindaco di Milano di allora: l'indimenticabile Antonio Greppi. Un giorno dei primi anni 80 l'animale sparì dalla sua gabbia – non per sopraggiunta morte vista la longevità della specie cui apparteneva – per essere ceduta a un circo equestre. Scomparve misteriosamente senza sapere né come, né quando né perché, così come misteriosamente era apparsa, quel pomeriggio del settembre del 1942.