La mia Milano

navigliHo sempre avuto una memoria visiva insuperabile per la mia amata Milano. A distanza di decenni ricordavo perfettamente dov'era quel vecchio palazzo, o un locale tipico, un giardino, una statua.  La rivedo ancora com'era fino all'inizio degli anni Trenta, con le case che si riflettevano nell'acqua dei Navigli e la rendevano unica.

 

Milano è una città meravigliosa e quelli che dicono che è brutta vadano pure a . . . pedalare. Le passeggiate più belle non erano quelle in montagna, che pure adoravo, ma quei quattro passi nel centro della città. Casa e ufficio erano vicini e potevo permettermi di non toccare la macchina. Andavo in centro a piedi o al massimo in tram. Lungo il percosso c'era sempre qualcuno che mi riconosceva, mi fermava, mi chiedeva se per l'Inter era davvero l'anno buono...

 

Al giovedì, uno sì e uno no, ero a pranzo al Savini, con gli amici Beltrami, Talamona e Zucchi e con un gruppo di dirigenti bancari; la domenica sera ci scappava una visita al Clubino, insieme a Mimmo Carraro, ex vicepresidente del Milan e Guido Valerio, nipote di un fondatore e giocatore dei rossoneri. Come facevo a sopportarli? Mah, diciamo che erano loro a sopportare me e inoltre avevamo il tacito patto di non parlare di calcio per non rovinare la nostra amicizia.

 

Il Clubino era un circolo maschile di tipo inglese, piuttosto esclusivo. Poi mi vedevo con quelli del C.A.L. (acronimo di Cenacol Avocatt Lombard), di fatto una associazione di mangioni che si riuniva ogni tanto, per abbuffarsi in maniera memorabile e conversare
in dialetto. Mi ricordo che nei primi anni 50 avevo chiesto di essere ammesso al circolo, ma l'iscrizione mi fu negata a causa della mia scarsa dimestichezza con il dialetto milanese.

 

Memorabili erano le riunioni al Panathlon Club Milano. Qui avveniva la consegna dei premi agli sportivi meritevoli nell'affermazione dell'ideale dello sport e dei suoi valori morali e culturali. Ne sono stato anche presidente fui eletto nel 1978 con 108 voti su 111 disponibili. Da sottolineare poi gli impegni filantropici al Rotary Club Milano. La caratteristica da sempre accreditata alla nostra città è la capacità di recepire e valorizzare il soggetto meritevole anche se non è di riconosciuta discendenza meneghina.

 

E' dura sfondare, qui, ma nel giornalismo, ad esempio, abbiamo visto le affermazioni del toscano Indro Montanelli, del campano Gaetano Afeltra, del siciliano Alfio Russo. Poi anche Gino Palumbo e Candido Cannavò, per anni alla guida della Gazzetta dello Sport. Alla mattina, appena alzato, la mia giornata cominciava con la lettura della pagina dei necrologi sul Corriere, un'abitudine trasmessa da mia mamma:" E' una forma di rispetto sapere chi non c'è più" mi diceva.

 

giardini-della-guastallaPrima di entrare in studio amavo passeggiare nei giardini della Guastalla: li attraversavo in lungo e in largo più volte e mi rivedevo giovane seduto su una panchina, chino sui testi di procedura penale e di diritto privato. Solo lì, solo in quei momenti riuscivo a concentrarmi e a studiare al meglio.

 

Da ragazzo, il sabato, facevo sempre una passeggiata a piedi fino a piazza Duomo con i miei amici. Oggi non si può più.  Tutti esagitati in macchina o in sella alle moto, tutti sempre di fretta: va bene il lavoro ma questa frenesia, anche quando non è necessaria, è deleteria.

 

Ricordo di aver letto una targhetta in un negozio a Torre Annunziata: "Nun gh'ì e pressa. Non correre. Il ciuccio non corre e campa cent'anni". Basterebbe un modesto trapianto di sud al nord: un po' di Napoli con i suoi colori, l'entusiasmo e la cordialità della sua gente...

 

Mi piace l'impegno, la volontà, la forza che tutti, milanesi di nascita o di adozione, mettono nelle loro attività. Milano ha sempre convissuto con un certo razzismo. Un giorno acquistai una Flaminia Pininfarina usata, targata Napoli, e ai semafori qualcuno mi apostrofava con il classico "terrone!". L'unico difetto imputabile a Milano è che ha dato vita al Milan: il vero problema della città sono i milanisti, non, come qualcuno tenta di mascherare, gli stranieri. Però ha creato anche la cosa che più mi piace: l'Inter.

 

Una volta Gianni Brera scrisse su Tuttosport che "nelle città che hanno due squadre tutti gli appassionati di calcio sono un po' tifosi di entrambi i club: prima di uno poi dell'altro. Chi è di Milano è prima interista, poi milanista e viceversa. . . quelli che non tifano per entrambi i club sono i "meteci", come Prisco. Andai a vedere sul vocabolario: "meteco" è colui che è straniero e non gode di diritti civili.

 

Scrissi una lettera di risposta che in sostanza espresse questo concetto: caro Brera, io sono nato e cresciuto a Milano, e per noi milanesi i meteci sono quelli come lei, di San Zenone Po. Anche se quando parlavo il dialetto, lo mischiavo quello di Arcisate e mia moglie mi diceva: " Ma va' là, milanès arius! Parla in italiano che è meglio".

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