Peccato non essere mai stato in curva

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La mia preghiera, in quella festa al Principe di Savoia, del 29 ottobre 1985, fu: «Signore, fa che Giussy Farina rimanga per sempre presidente del Milan». Non fui esaudito... perché arrivò Berlusconi che dedicava troppo tempo ed energie al calcio, invece di pensare a Canale 5 per offrirci spettacoli migliori dal piccolo schermo, e lasciare San Siro a noi.

 

Fu una bella e a tratti commovente serata – anche se organizzata in data sbagliata visto che mi accorsi solo negli anni '90 che la mia attività dirigenziale inizia all'Inter il 21 ottobre 1950 - quella voluta dal presidente Pellegrini per i miei 35 anni come dirigente nerazzurro.
Moderatore Angelo Rovelli, mio amico e compagno di banco dai tempi del liceo. «Per i suoi 35 anni di appassionata e faziosa attività dirigenziale»; questa la motivazione incisa sulla medaglia d'oro. Un inno al merito. Per festeggiarmi c'erano calciatori, dirigenti, avvocati, giornalisti.

 

Si scomodò persino il presidente del tribunale di Milano, Clemente Papi, un parmense costretto a dividersi tra il tifo di magistrati e avvocati per Inter, Milan e Napoli. C'erano Lady Erminia Moratti, una delle poche donne della serata, con i figli Gianmarco e Massimo, e "illustri" rappresentanti dei colori rossoneri, come Oreste del Buono.

 

Come regalo per le battute domenicali -ma anche in altri giorni le facevo- che "tenevano" sempre un titolo di giornale, note firme della stampa mi dedicarono alcune frasi.

 

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 "Sereno e obiettivo" (Piero Ostellino);
"Da 35 anni è la rappresentazione serena e convinta della faziosità calcistica" (Indro Montanelli);
"Più resistente ed inaffondabile di Bearzot" (Lino Rizzi);
"Come vecchio alpino tocca le vette quando perde il Milan" (Gian Maria Cazzaniga);
"Quando l'ho conosciuto, ho conosciuto un'istituzione, l'Inter" (Gino Palumbo);
"Non è mai stato l'Inter ma non riesco ad immaginare un'altra Inter senza di lui" (Candido Cannavò);
"E se fosse lui l'unico, vero avvocato del calcio italiano...così appassionatamente bauscia, sempre grande con rispetto degli altri" (Piero Dardanello);
"Una serata rinfrescante nel mare di banalità" (Giorgio Tosatti).


Sì, mi sono commosso, anche se, in verità, sentendo tanti elogi mi è sembrato di assistere alle mie esequie...Era così bravo, il migliore di tutti... Quanti necroelogi! Avevo 64 anni e mi augurai di potere resistere ancora a lungo nella mia attività di dirigente fazioso anche se ogni tanto mi veniva la voglia di fare la persona seria e di vivere le partite con moderazione.

 

Però non era facile; per come mi sbracciavo, urlavo, inveivo, saltavo, sarei dovuto andare in curva tra i Boys. Anche se a volte non si comportavano bene e scrivevano striscioni da brivido. Prima di un derby paragonarono i milanisti agli ebrei augurandosi la stessa fine.
Senza sapere che l'Inter aveva avuto un presidente israelita, Enrico Olivetti, che dovette lasciare nel '26 per motivi razziali. Quella volta scesi in campo, andai sotto la curva e feci gesti disperati, si accorsero che ero io, vicepresidente dell'Inter, a chiederne la rimozione, e lo tolsero.

 

Il giorno dopo sui giornali c'erano foto e articolo nei quali si raccontava del mio intervento. Ricevetti anche un sacco di telefonate di ringraziamenti. Non tutti gli striscioni erano di cattivo gusto. Una volta ne appesero uno con scritto "Inter-Club Cristina Sinagra", la ragazza che rivendicava di aver avuto un figlio da Maradona.

 

Io mi divertii moltissimo, meno i dirigenti del Napoli. Poi, spesso, cantavano, e cantano, "Peppino Prisco facci un gol", coro che mi piaceva. Tra i Boys mi assicurano, e ne sono sicuro, si vivano emozioni eccezionali. Peccato non essere mai stato in curva...

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